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I Crying Steel nascono a Bologna nella primavera del 1982, dalle ceneri del gruppo Hard Rock “Wurdalak”. I componenti fondatori sono Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso elettrico), ai quali si aggiunsero Luca Bonzagni (voce) e nel 1983, dopo vari cambi di line-up, Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra). Dopo il loro primo demo, che contiene gia’ Thundergods e Agony, canzoni successivamente riproposte dal gruppo, vengono notati da Beppe Riva di Rockerilla che li inserisce nella compilation HM Eruption. Da lì una lunga storia che dura fino ai giorni nostri, ora un nuovo album su cui abbiamo intervistato la band.

Crying Steel, 36 anni di storia del metal ed essere ancora sui palchi.
Assolutamente sì, infatti il nuovo album si chiama Stay Steel, rimanere d’acciaio, una frase che ci rappresenta perché siamo ancora qui a fare quello che ci piace, a suonare rock. C’è ancora tanta gente che ci segue con passione e compra i nostri dischi, mi viene da dire che siamo senza tempo.

Cosa è cambiato in questi 36 anni, passando dal vinile alla musica liquida di oggi?
Noi siamo presenti sulle varie piattaforme digitali, ma siamo ancora innamorati del supporto fisico. Del nuovo disco dovrebbe uscire anche un’edizione in vinile, per un’altra casa tedesca diversa da quella del cd. Nell’industria discografica sono cambiate tante cose, la principale è che oggi i dischi si vendono molto meno rispetto a 35 anni fa. Per fortuna i metallari sono molto legati al supporto fisico e questo è molto positivo. A livello di pubblico, le agenzie ed i booking lavorano sui grossi numeri, con i grandi nomi, per tutti gli altri della scena underground, come noi, anche essendo in giro da tanti anni, è molto dura; questo è un aspetto che sicuramente è peggiorato. Fortunatamente c’è ancora uno zoccolo duro di fans che segue questo genere, e noi continuiamo a fare lo stesso genere di sempre, con suoni più moderni e rivisti, ma fondamentalmente non abbiamo cambiato il nostro modo di fare musica.

Trovare posti dove suonare? La situazione di oggi?
Non è facile, i gestori sono anche strozzati da una serie di balzelli, tasse, costi, molto superiori rispetto ad una volta. Il che porta che fanno fatica a chiamare una band, perché poi il pubblico non risponde, e spesso quindi preferiscono chiamare una tribute band, contro cui non me la prendo. Se il pubblico preferisce chi fa cover bisogna prenderne atto, se il pubblico premia questo tipo di offerta, i gestori non possono che prenderne atto, ed è sempre il pubblico a fare le scelte.

Continua l’ intervista su tuttorock.net

 

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